Il Bucchero
Il nome bucchero deriva dallo spagnolo bucaro e designa una particolare argilla che veniva utilizzata per la produzione di alcune fogge vascolari in America. Imitate anche in Portogallo, vennero infine importate anche in Italia. Tra la fine del XVII secolo e la prima metà del XVIII si moltiplicarono i rinvenimenti di “antichità” etrusche in Etruria settentrionale, tra le quali molti neri e lucidi che per somiglianza con il bucaro furono chiamati, appunto, buccheri.
Il bucchero designa una particolare classe di ceramica etrusca, i cui antecedenti vanno individuati nell’impasto nero-lucido di ascendenza protostorica.
Si tratta infatti di una tecnica ceramica tra le più antiche, che ritroviamo in Sardegna sin dal prenuragico (2200-2000 a.C.) attestata da numerosi ritrovamenti archeologici in gran parte dell’isola.
È stata definita la “ceramica nazionale degli Etruschi” per alcune caratteristiche peculiari che la contraddistinguono fra le coeve classi ceramiche. Lo sviluppo del bucchero come ceramica da mensa si svolge in modo del tutto originale divenendo un vero e proprio bene di consumo destinato tanto al mercato interno quanto a quello esterno.
Gli esemplari più antichi di bucchero si caratterizzano per un’argilla depurata a granulometria finissima, il colore nero, la lucentezza della superfici e le pareti sottili.
La lavorazione prevedeva l’uso del tornio mentre la cottura richiedeva particolari attenzioni, da essa dipendendo anche la riuscita o meno del colore.
Il colore nero è infatti l’effetto del tipo di cottura lenta in ambiente fortemente riducente: gli ossidi e gli idrossidi di ferro presenti nelle argille, si trasformano per riduzione in ossidi ferrosi e ferroso-ferrici.
Tradizionalmente l’intera produzione di bucchero veniva suddivisa in :
- bucchero sottile (675-625a.C.),
- bucchero transizionale (625-575 a.C.)
- Bucchero pesante (575 – inizi del V secolo a.C.) caratterizzato dal progressivo aumento di spessore delle pareti.
Le tendenze più recenti hanno ristretto tale suddivisione alle produzioni dell’Etruria meridionale, mentre le officine settentrionali sono caratterizzate da una produzione iniziale dominata da un impasto “buccheroide” meno depurato, da pareti più spesse, da una cottura meno attenta cui segue, nel corso del VI secolo a.C., il bucchero “pesante”.
L’inizio della produzione in bucchero è dominato dalla presenza di fogge vascolari dove la sottigliezza delle pareti, la lucidatura delle superfici e le decorazioni a rilievo sembrano sottolineare una derivazione dagli ornati a sbalzo propri dei manufatti in metallo prezioso, in particolare in argento e sottolineano una stretta interdipendenza fra le diverse attività artigianali, dove si fondono le esperienze ceramiche con quelle della metallotecnica e dei lavorati in avorio e osso.
I soggetti si ispirano al bestiario orientalizzante e si accompagnano alle figure di cavalieri, lottatori, aurighi su carro, guerrieri, tutte espressioni dell’ideologia eroica, della manifestazione del lusso e del prestigio dei ceti abbienti cui tali manufatti sono destinati.
È anche il periodo della diffusione del bucchero, oltreché nell’Etruria vera e propria, anche in Campania e nel Lazio, dove sorgono alcune officine locali.
Nelle aree orientali del Mediterraneo la quantità di ceramiche in bucchero è assai minore e compare per lo più in contesti funerari o in ambiti sacri.
Nel momento del consolidamento delle strutture urbane nell’Etruria settentrionale la manifattura del bucchero, prima controllata dai ristretti gruppi gentilizi, passa sotto il controllo diretto delle comunità cittadine con un conseguente processo di standardizzazione della produzione, che si estende ai maggiori centri dell’Etruria. Le pareti si ispessiscono, i vasi si fanno di grandi dimensioni. Si pensa quindi ad un mercato del bucchero che sempre più si orienta verso una classe “media” quale è quella che si forma nella nuova realtà urbana della fine del VI secolo a.C.
Dalla metà del VI secolo a.C. si assiste a una frattura nella sequenza tecnologica del bucchero, fino ad allora caratterizzata dal colore nero, dalla lucentezza delle superfici e dallo spessore non eccessivo. Lo scadimento qualitativo della produzione si accentua ancor più nel corso del V secolo a.C., con l’introduzione del bucchero grigio, dotato di minor resistenza meccanica e caratterizzato da un’argilla meno depurata. Le forme si riducono alle poche essenziali per l’ambito domestico, quali la ciotola, il piattello, qualche anfora fino al progressivo cessare della produzione, sostituita dalla classe della vernice nera che imita i prodotti ceramici attici e campani.
Dott.ssa Federica Assorgia